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Sempre più spesso la tecnologia offre alla medicina soluzioni “esterne” al nostro corpo per sopperire alle carenze di funzionalità dovute a traumi e patologie. Così accade anche per la SLA, in cui i pazienti usano da sempre i supporti informatici – computer, sistemi di scrittura e di linguaggio digitale – per comunicare col mondo esterno. Pensiamo soltanto a come il fisico Stephen Hawking riuscì fino alla fine a comunicare, scrivere libri e persino a tenere lezioni universitarie.

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Andare a rispondere al citofono o accendere il fornello, apparecchiare la tavola, spostarsi in un'altra stanza, salire un gradino. Anche il più piccolo gesto quotidiano può diventare una fatica insormontabile, quando ci si sente pervasi da un senso di esaurimento fisico, emotivo e cognitivo.  La stanchezza da cancro o fatigue, colpisce il 65% dei pazienti con tumore. Il 40% delle persone “sente la fatigue” già al momento della diagnosi, la percentuale sale all’80%-90% durante la chemioterapia o radioterapia e nel 20% persiste molti anni dopo la terapia. 

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"È una questione di tempo. Quando il paziente comincia ad avere febbre, tosse, dispnea bisogna intervenire subito con la terapia a casa. Solo così puoi evitare l’aggravamento che rende tutto molto più complesso. Il tampone è fondamentale perché ti permette di partire con la cura farmacologica, e i medici di medicina generale devono poter prescrivere i test, come in Veneto”.

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Ripartire in sicurezza? "È possibile solo se si scatta una fotografia del presente attraverso i test diagnostici". Ne è convinta Alberta Ferrari, chirurga senologa e autrice del blog sull’Espresso, Ferite vincenti dedicato alla salute della donna.
E proprio dal suo blog, lo scorso aprile, Ferrari si è fatta “portavoce di un appello ai decisori politici” da parte di un gruppo di 100mila medici italiani durante la fase più critica dell’emergenza Coronavirus.

La Stanza dell'Alchimista, Museo di Storia della Medicina, Roma

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Voltare pagina, dire addio ai paradigmi acquisiti fino a ieri dati per scontati. E soprattutto promuovere una nuova alleanza delle scienze umane: non solo la scienza medica e l’antropologia medica, ma anche la politica, l’economia e l’ecologia devono cercare nuove sinergie per la salute dell’umanità. È la lezione da apprendere dalla pandemia, secondo Giorgio Cosmacini, se vogliamo sconfiggere il nuovo nemico invisibile. Cosmacini è medico e filosofo: già primario all’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, insegna Storia della Scienza alla facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, dove è anche docente di Storia della Medicina. Lo abbiamo intervistato prima dell’uscita del suo nuovo libro, Concetti di salute e malattia fino al tempo del Coronavirus, Editrice PANTAREI (Milano) in libreria il mese prossimo.