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È davvero necessario l’antibiotico e quando bisogna prescriverlo? Il cortisone e l’eparina sono indicati fin dai primi sintomi? E come valutare l’idrossiclorochina di cui si è tanto parlato nei mesi scorsi? Sono solo alcune delle domande che trovano risposta nel primo compiuto “Vademecum” (che qui riportiamo integralmente) per trattare i covid-pazienti a domicilio. Un documento importante, elaborato per i medici generalisti dai dottori di famiglia e ospedalieri che più hanno avuto a che fare quest’anno con questa malattia.

Il documento è sottoscritto dalla Fromceo, la federazione che riunisce tutti gli Ordini dei Medici delle province lombarde, ed è stato elaborato insieme con la Clinica di malattie infettive dell’Università di Milano, diretta da Massimo Galli. Questo Vademecum consente dunque una completezza di approccio, visto che unisce due prospettive tra loro complementari: da un lato la necessità dei medici di famiglia di avere indicazioni chiare e univoche per intervenire fin dall’esordio del Covid-19, e dall’altro l’urgenza dei camici bianchi ospedalieri di contenere l’accesso ai pronto soccorso dei troppi pazienti che non trovano risposte adeguate sul territorio. 

L’attuale situazione della pandemia, insomma, richiede che si attivino tutte le forze impegnate in sanità. Ed è particolare evidenza "il peso che può avere una rilevazione precoce del paziente affetto da SARS-CoV-2 ed un suo trattamento corretto”, si legge nella lettera di accompagnamento al documento.

“La Medicina del territorio, la più vicina ai cittadini, ha un compito dunque importante, ma, nonostante l’impegno ed il sacrificio dei medici, manca sinora di indicazioni concordate circa il trattamento dei pazienti sospetti Covid e Covid positivi”, recita il Vademecum. E ancora: “Si conosce ancora poco in termini di evidenza su ciò che si può fare per migliorare l’esito della malattia nelle sue varie fasi, soprattutto per ciò che riguarda la medicina territoriale, mentre si conosce meglio ciò che non si deve fare”.

E il presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, Roberto Carlo Rossi, sottolinea quanto sia importante, nell’area oggi più colpita dalla pandemia insieme a Monza e Brianza, “essere riusciti a realizzare delle linee guida validate in base al metodo scientifico, in un momento assistiamo a troppe banalizzazioni e affermazioni disorientanti e superficiali attraverso i media e i social". "Non è più tempo di navigare a vista - continua Rossi -, ma è necessario muoversi entro le evidenze scientifiche finora disponibili, seppure per ora scarse. Ecco perché tutti noi abbiano stimolato la Federazione lombarda attivando questa collaborazione con Massimo Galli e l’Università di Milano. Questo Vademecum ha il pregio di essere rigoroso, estremamente pratico, agile per il territorio". "Auspico che queste linee guida - conclude il presidente dell'Ordine dei medici di Milano - vengano assunte anche a livello nazionale per il trattamento domiciliare dei pazienti affetti da Covid". 

Vediamo dunque nello specifico di che si tratta. Il  “Vademecum della cura delle persone con infezione da SARS-CoV-2 non ospedalizzate” è suddiviso in dieci capitoli: si va dalla classificazione dei pazienti in “casi accertati” e “casi sospetti”, alla descrizione dell’approccio iniziale dei pazienti con sintomi, ai trattamenti sintomatici e a quelli specifici, fino all’importanza della vaccinazione antinfluenzale e antipneumococcica.

Per quanto riguarda la diagnosi, il documento sottolinea l’urgenza di raggiungere una diagnosi definitiva nel minor tempo possibile nei “casi sospetti” (ad esempio contatti di un soggetto con infezione accertata): tra questi, anche i pazienti che presentano una sintomatologia compatibile con infezione da SARS-CoV-2, anche se non hanno ancora effettuato un tampone, o abbiano avuto un esito negativo da test molecolare e/o antigenico.

A proposito dei test antigenici rapidi attualmente disponibili, essi sono dotati di una elevata specificità (circa 99%) ma hanno una sensibilità non ottimale in soggetti paucisintomatici, e la sensibilità inoltre può variare in base alla fase di malattia. Pertanto, l’infezione da SARS-CoV-2 "non si può escludere in caso di negatività a test antigenico rapido, in condizioni di elevata probabilità pre-test." 

Passando ai trattamenti farmacologici, in primis c'è l'indicazione di utilizzare il paracetamolo nel trattamento della febbre, assumere sedativi per la tosse al bisogno (se la tosse  interferisce con il sonno). Tosse e dispnea potrebbero migliorare con l’auto-pronazione. In caso di diarrea, sono da evitare trattamenti che riducano la motilità intestinale mentre è necessario supportare il paziente con idratazione orale. Infine si ricorda l’importanza di una corretta alimentazione.

Purtroppo, sottolineano gli esperti nel documento, al momento nessun trattamento ha dimostrato un chiaro beneficio in pazienti la cui severità imponga l’ospedalizzazione.

Tuttavia, alcune terapie sono controindicate, poiché non hanno dimostrato nessun tipo di efficacia ed espongono il paziente a potenziali rischi ingiustificati se somministrate senza adeguato monitoraggio: tra questi l’antiretrovirale lopinavir/ritonavir, l’antibiotico azitromicina e l’antimicrobico/immunomodulante idrossiclorochina.

Di importante rilievo, dunque, risulta la NON necessità, se non in casi clinicamente definiti di sospetto di polmonite batterica, dell’uso degli antibiotici, diversamente da quanto proposto da varie fonti di interlocuzione dei medici generalisti stessi anche in fase precoce di malattia.

È in particolare sconsigliato l’utilizzo di azitromicina, fatti salvi quei casi in cui vi sia il fondato sospetto di contestuale infezione batterica.  A tal proposito si ricorda che il decorso di COVID-19 è molto spesso bifasico: una ripresa della febbre non può necessariamente essere interpretata come una sovrainfezione batterica e pertanto in caso di positività del tampone per SARS-CoV-2 l’utilizzo di antibioticoterapia risulta sconsigliato.

 L’uso della terapia steroidea nel trattamento a casa viene indicato solo in alcuni casi: una saturazione inferiore a 94, nei pazienti che quindi sarebbero candidabili all’ossigenoterapia; almeno 5-7 giorni di sintomatologia febbrile con richiamo polmonare;  polmonite diagnosticata mediante valutazione obiettiva e/o ecografia. Nel vademecum si ribadisce la necessità di un monitoraggio quotidiano della saturimetria.  
Infine, la vaccinazione antinfluenzale è fortemente raccomandata negli over 60 e nelle categorie inserite nel piano nazionale vaccinazione antinfluenzale 2020-21. La vaccinazione antipneumococcica è fortemente consigliata negli over 65. Entrambe le vaccinazioni possono essere somministrate in sicurezza una volta raggiunta una stabilità clinica superata la fase acuta di malattia.

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