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Mentre attendiamo i risultati dell’indagine epidemiologica del Ministero della Salute che è partita il 25 maggio in tutta Italia, c’è chi afferma che il virus si sia “indebolito” e che gli italiani siano ormai al sicuro dal contagio. Anche le polemiche all'interno della comunità scientifica rischiano di creare confusione, lasciando spazio ad affermazioni negazioniste “no-mask” e “no-vax” che mettono a rischio la salute pubblica. Al di là di polemiche politiche e pretestuose, e in attesa di evidenze scientifiche, una cosa appare certa:

in Italia siamo lontani anni luce dalla cosiddetta “immunità di gregge”, se è vero che per considerarsi al riparo da Covid-19 il virus dovrebbe infettare il 66% della popolazione, ossia 40 milioni italiani.

Abbiamo sentito a tale proposito l’igienista epidemiologo Sandro Cinquetti, direttore del Servizio Igiene e Sanità pubblica (SISP) del Dipartimento di Prevenzione ULSS 2 Treviso che ha un bacino di utenza di un milione di abitanti.

Cinquetti 

Dottor Cinquetti, quali sono ad oggi le stime epidemiologiche più attendibili?

In Italia, anche nelle regioni più colpite dalla pandemia il nuovo virus Sars-CoV-2 ha ancora ampi spazi per poter infettare la popolazione. Possiamo dire che il 95 % degli italiani oggi mantiene il rischio di ammalarsi, dal momento che le persone venute in contatto con Sars-CoV-2 sono probabilmente solo il 5 per cento.

La situazione varia a seconda delle diverse realtà della penisola? Qual è il quadro nella vostra area?

Nella provincia di Treviso stimiamo che all’incirca il 3% della popolazione abbia già incontrato il nuovo virus: parliamo di un totale di 30mila persone, secondo le stime, con poco meno di 3.000 casi accertati a Treviso. Questa stima deriva da un’ampia campagna di test sierologici rapidi, condotta su alcune categorie di popolazione, con un campione molto ampio e superiore a 11mila soggetti.

Ci può dire come siete arrivati a questa stima?

In queste giornate di coda epidemica, i nostri sforzi come specialisti di sanità pubblica sono tesi a stimare quante persone potrebbero essere finora venute in contatto con Sars-CoV-2. La nostra domanda è “quante persone hanno finora sviluppato anticorpi”? Mi riferisco, in particolare, a coloro che hanno avuto una sintomatologia Covid Like (senza conferma con tampone), ma anche ai tanti soggetti asintomatici che non sono mai stati sottoposti a tampone diagnostico. La risposta è fondamentale per capire quanti soggetti ad oggi si sono immunizzati e verosimilmente saranno immuni per almeno un anno. A questo proposito, siamo arrivati a proporre una semplice formula che ci permette di arrivare a cifre verosimili.

Può spiegarci che tipo di “formula” avete individuato?

Abbiamo preso in esame alcuni parametri significativi: il primo è il numero di soggetti risultati positivi alla ricerca del Sars-Cov-2 mediante tampone. Il secondo è il numero di decessi Covid-correlati. Da questi parametri deriva il tasso di letalità che in Italia è all’incirca del 10% (ogni 100 positivi al test 10 sono deceduti). Fa purtroppo eccezione la Lombardia, dove si registra una letalità quasi doppia, pari al 18%. Ora, poiché, in base a un tasso di letalità del 10%, il numero dei positivi-malati corrisponde, ovviamente, al numero dei decessi moltiplicato per 10; e poiché il numero dei soggetti immunizzati è stimato intorno al 3% della popolazione trevigiana, nella provincia di Treviso deriviamo questi numeri: 300 morti, 3.000 positivi e, verosimilmente, 30mila soggetti con anticorpi.
La “formula” che ne deriva è dunque 1:10:100. Questo tipo di ragionamento è per sommi capi spendibile in ogni contesto nazionale. Abbiamo proposto questa formula ad altri contesti del Centro e del Sud Italia, da Lucca a Taranto a Ragusa. E i conti tornano.

Dunque il numero delle persone entrate in contatto col virus, e ad oggi immuni, si ottiene con la formula 1:10:100.

Sì. L’unico caso che fa eccezione, come detto sopra, è quello della Lombardia, dove bisogna tener contro di un tasso di letalità che non è pari al 10%, bensì al 18%. Può darsi che questo indice sia così alto perché in questa regione sono stati fatti molti meno tamponi sugli asintomatici, e dunque il denominatore che costruisce il tasso di letalità è più contenuto.

Quali sono le stime per la Lombardia?
In Lombardia, dove i dati ufficiali riportano oltre 16mila vittime e circa 90mila casi, possiamo stimare che il numero di persone che hanno già incontrato il nuovo virus sia compreso tra 1 e 1,5 milioni.

A quali conclusioni siete arrivati?

Possiamo dire che le persone immunizzate non sono tantissime. Se verrà confermato che solo un italiano su 20 è entrato in contatto col virus Sars-CoV-2, significa che 19 italiani su 20 oggi non sono immuni. E che il virus ha ancora davanti a sé ampie “praterie” di soggetti suscettibili.

Per questo è necessario non allentare le misure precauzionali nella Fase 3.

Esatto, ci vuole cautela anche in questa fase di spegnimento epidemico. È pur vero che finora l’esperienza ci dice che tutti i Coronavirus perdono la loro virulenza strada facendo. Questo, almeno, è quanto accaduto per la Sars nel 2002 e per la Mers nel 2013. Può darsi che il passaggio da umano a umano porti a un progressivo indebolimento del virus, ce lo auguriamo tutti. Ma questo incredibile nuovo virus ci ha ormai abituato a sorprese. Probabilmente in autunno il problema si ripresenterà, speriamo non con la stessa violenza, perché riprenderà la convivenza in spazi chiusi con il conseguente rischio derivante dalla diffusione dei droplets. Fondamentale risulterà vaccinarsi contro l’influenza, lo pneumococco e altre malattie respiratorie, anche per favorire la diagnosi differenziale. Potremo anche avvalerci di nuovi test sierologici specifici, in grado di identificare anticorpi neutralizzanti e di individuare i soggetti immunizzati.

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