Valutazione attuale: 5 / 5

Stella attivaStella attivaStella attivaStella attivaStella attiva
 

Sono oltre 55 milioni le persone nel mondo che vivono con la demenza. Di queste, l'85% rischia di non ricevere le cure adeguate dopo la diagnosi della malattia. È il dato, gravissimo, rivelato nel Rapporto Mondiale Alzheimer 2022 diffuso dalla Federazione Alzheimer Italia, rappresentante per il nostro Paese di ADI - Alzheimer’s Disease International.

Il Rapporto, reso pubblico oggi nella Giornata Mondiale Alzheimer, è intitolato “La vita dopo la diagnosi: trattamento, cura e supporto” ed è stato redatto in collaborazione con la McGill University di Montreal in Canada. La ricerca si concentra sulla necessità di potenziare e rendere accessibili tutti quei servizi essenziali in grado di migliorare la qualità della vita delle persone con demenza, compresi i trattamenti farmacologici e non farmacologici, il caregiving, il supporto per le attività della vita quotidiana, l’assistenza domiciliare e tutte le attività di inclusione sociale.

La diagnosi di demenza è, per chi la riceve e per la sua famiglia, un momento estremamente drammatico, ma è fondamentale dire che la vita non finisce con quella diagnosi e non è la malattia a definire la persona, anzi, è proprio da quel momento che deve necessariamente iniziare un percorso di cura e inclusione”, sottolinea Gabriella Porro, presidente di Federazione Alzheimer Italia. “Come Federazione Alzheimer Italia - continua Porro ci battiamo da anni perché ogni persona con demenza veda riconosciuti i propri diritti, primo tra tutti avere accesso a cure adeguate. I dati sono allarmanti, solo in Italia sono oltre 1.480.000 le persone che vivono con la demenza: il nostro compito è sensibilizzare le Istituzioni sull’importanza di non lasciarle sole e intervenire tempestivamente con investimenti, progetti concreti e campagne di informazione rivolte ai cittadini”.

Secondo le stime dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in Italia circa 1, 1 milioni di persone soffrono di demenza (di cui il 50-60% sono malati di Alzheimer, circa 600mila persone.

Una ricerca dell’Institute of Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington pubblicata su Lancet stima invece che in Italia vi siano attualmente almeno 1.487.368 persone con demenza: un numero che secondo gli esperti di Washington è destinato ad aumentare del 56% entro il 2050, quando le persone con demenza potrebbero superare i 2,3 milioni, dal momento che ogni 3 secondi, nel mondo, qualcuno sviluppa la demenza. 

Si tratta dunque di una vera e propria emergenza, che richiede una serie di interventi urgenti e concreti, a partire dallo sviluppo di Piani regionali sulle demenze, come sottolinea la Federazione Alzheimer. Un altro intervento necessario è l’attivazione di PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali) con indicazioni chiare e uniformi, che integrino gli aspetti socio-sanitari e assistenziali con l’obiettivo di creare una rete di supporto efficiente (dal farmacista al terapista occupazionale, dal neurologo all'associazione di volontariato sul territorio al medico di medicina generale e alle Comunità Amiche).

“L’Italia è stata uno dei primi paesi ad avere un Piano nazionale sulle demenze, che ha però ricevuto i primi fondi soltanto nel 2021 - dichiara Gabriella Porro, Presidente di Federazione Alzheimer Italia -. È stata anche definita la ripartizione di questi fondi tra le Regioni, ma tutto questo non basta: ancora oggi in Italia assistiamo a grandi disparità tra Regioni per quanto riguarda i servizi offerti. È importante che la politica ne prenda atto: è necessario accelerare i lavori per la creazione dei piani demenza regionali e rendere questi piani sostenibili attraverso un potenziamento dei finanziamenti destinati al Piano nazionale demenze, purtroppo ancora insufficienti. Solo così si potranno garantire a tutte le persone con demenza pari diritti e opportunità di accedere a servizi di assistenza e supporto post diagnostico”.

Inoltre, la Federazione Alzheimer Italia auspica lo sviluppo di interventi di telemedicina che garantiscano alla persona con demenza continuità assistenziale; la stabilizzazione e l'implementazione da parte di tutte le Regioni dei flussi informativi centralizzati (dalle Regioni verso il Ministero della Salute) sui dati epidemiologici e sugli accessi ai servizi per permettere una programmazione migliore degli interventi; il potenziamento degli strumenti di diagnosi precoce.

L'assistenza post-diagnosi è un diritto  
La pandemia e la conseguente pressione sui sistemi sanitari globali, ha ulteriormente esacerbato la capacità degli operatori sanitari di fornire un adeguato trattamento, assistenza e supporto post-diagnosi per le persone con demenza. Una delle richieste di ADI è che l’assistenza post-diagnosi sia riconosciuta come un diritto umano, esortando i Governi di tutto il mondo a incorporarla.

“Quando una persona riceve la diagnosi di tumore non viene messo in dubbio che abbia bisogno di cure, allo stesso modo perché spesso non vengono offerte cure adeguate alle persone che ricevono una diagnosi di demenza?”, afferma Paola Barbarino, CEO di ADI. “Insieme al miglioramento della diagnosi precoce, la cura della demenza post-diagnosi deve essere riconosciuta come un diritto umano. Se è vero che non esiste ancora una terapia medica in grado di modificare la malattia, ci sono prove evidenti che dimostrano come trattamento, cura e supporto post-diagnosi adeguati migliorino significativamente la qualità della vita e la capacità di una vita autonoma di chi vive con questa malattia”.

La Federazione Alzheimer Italia si fa portavoce in Italia dell’appello che il suo partner internazionale Alzheimer’s Disease International (ADI) lancia a governi e organismi di sanità pubblica, oltre che all’Organizzazione Mondiale della Sanità, affinché si attivino tempestivamente per mettere in atto le misure necessarie a garantire il corretto supporto post-diagnostico a tutte le persone con demenza, in particolare alla luce dei nuovi dati con le stime di diffusione della malattia che secondo le stime dell'OMS costituisce nel mondo la settima causa di morte. 

Nel 2017, con il Piano Globale di Azione sulla Lotta alla Demenza, tutti i 194 Stati membri dell'OMS si sono impegnati ad attuare misure per raggiungere precisi obiettivi nell’ambito della riduzione del rischio, della diagnosi e assistenza, ricerca e supporto a familiari e caregiver. Tuttavia, finora solo 39 Stati hanno mantenuto la loro promessa.” - sottolinea Barbarino, I dati e le previsioni sono ormai inequivocabili e i governi si trovano ora di fronte a due possibili scelte: agire rispettando l’impegno preso o affrontare una delle più grandi crisi di salute pubblica del nostro tempo.

 nontiscordareorg

Il convegno a Milano e la campagna "nontiscordare.org" 

E per rimarcare il tema dell'inclusione sociale il 19 settembre, in occasione dell’XI mese mondiale dell’Alzheimer, si è svolto a Milano il convegno pubblico gratuito “Lotta allo stigma, qualità della vita: la strada per l’inclusione delle persone con demenza, giovani e anziane” organizzato da Federazione Alzheimer Italia con Associazione Alzheimer Milano (è possibile rivedere la diretta sulla pagina Facebook dedicata). Dopo il saluto di Rodolfo Masto, presidente dell’Istituto dei Ciechi, sede del convegno, la presidente Salvini Porro ha presentato il video realizzato per la campagna #Nontiscordaredivolermibene, nata con l’obiettivo di sensibilizzare sempre più persone a diventare “Amiche delle Persone con Demenza. Il video, visibile su nontiscordare.org, raccoglie sei semplici consigli che chiunque può mettere in pratica in varie situazioni di quotidianità per mettere a proprio agio una persona con demenza e sono affidati a Lorenzo Baglioni, Rossella Brescia, Valeria Fabrizi, Riccardo Fogli, Mara Maionchi e Daniela Poggi che hanno scelto di essere al fianco della Federazione Alzheimer Italia in questa iniziativa.
Durante l'incontro Stefano Govoni, ordinario di Farmacologia Università degli Studi di Pavia ha posto l’accento su quali possono essere le difficoltà nel valutare l’azione di un farmaco in un paziente con demenza. Si tratta infatti spesso di una persona che sta prendendo contemporaneamente medicine anche per altre malattie, associate magari all’età, e che non è sempre in grado di esprimere correttamente il proprio percepito. Sono quindi fondamentali la formazione e consapevolezza del personale sanitario, ma anche dei caregiver. A seguire Paola Galetti, geriatra dell’Istituto dei Ciechi di Milano, ha affrontato per la prima volta il tema di come offrire la migliore assistenza possibile alle persone con demenza non vedenti. Le implicazioni per una persona non vedente sono molto più complesse che per un normovedente. Quando per esempio il paziente comincia ad avere problemi motori, la vista lo aiuta nel superamento degli ostacoli e nel mantenimento dell’equilibrio, cosa che non è possibile un paziente non vedente. È quindi importante capire quali sono le possibili sinergie e integrazioni tra le terapie e le modalità di assistenza utilizzate con le persone non vedenti e quelle rivolte invece alle persone con demenza. 
Antonio Guaita, geriatra e direttore della Fondazione Golgi Cenci, ha illustrato il coinvolgimento dei giovani nelle iniziative della Comunità Amica di Abbiategrasso, raccontando in particolare il flashmob realizzato da circa 40 ragazze e ragazzi del Liceo Bachelet e i loro insegnanti. Si tratta di una delle tante iniziative mirate al “superamento dello stigma”, che hanno coinvolto diverse categorie di cittadini, opportunamente formate su come rapportarsi alle persone con demenza per farle sentire a loro agio: vigili urbani, impiegati della biblioteca comunale e degli uffici dell’Istituto Golgi, commercianti, insegnanti di ginnastica per anziani e, appunto, insegnanti e studenti del liceo.
Cristiano Gori è invece il coordinatore del “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza”, network che vede 48 organizzazioni della società civile, tra le quali la Federazione Alzheimer Italia, riunite insieme con l’obiettivo di ottenere una migliore assistenza per questa categoria di cittadini. Nel suo intervento ha lanciato un appello alle istituzioni affinché gli anziani non autosufficienti siano protetti dalle conseguenze della crisi politica e i passi avanti già compiuti in direzione di una riforma concreta della non autosufficienza non vengano dispersi.
Mariarosaria Liscio, psicologa e psicoterapeuta della Federazione Alzheimer Italia, ha raccontato l’esperienza del centro diurno online della Fondazione Istituto Geriatrico La Pelucca onlus, nato in via sperimentale durante la pandemia per volontà di un’equipe di neuropsicologi ed educatori con esperienza nella prevenzione e cura della demenza.   
La parola è passata poi a Bianca Petrucci, terapista occupazionale della Federazione Alzheimer Italia, che ha condiviso consigli pratici relativi appunto all’utilizzo della terapia occupazionale, branca della riabilitazione che si occupa delle attività di vita quotidiana, dell’ambiente e dei rapporti sociali (familiari, amici, caregiver) della persona con demenza.  
Mario Possenti, segretario generale della Federazione Alzheimer Italia, ha sottolineato la necessità di costruire delle reti in grado di offrire assistenza e aiuto concreti alle persone con demenza e ai loro caregiver. Si va da quelle nazionali – riscrittura e maggiore finanziamento del Piano nazionale demenze, creazione di linee guida nazionali sulla diagnosi e il trattamento e di flussi informativi condivisi – a quelle più locali, e in questo senso è fondamentale accelerare la realizzazione e messa in atto dei Piani demenza regionali. Da quelle formali – reti di servizi sanitari e assistenziali – a quelle informali. Tra queste ultime rientrano sicuramente le reti di Comunità e Persone Amiche delle Persone con Demenza, che mirano a combattere lo stigma e costruire una società più inclusiva.

alzheimer.it

 

 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
® RIPRODUZIONE RISERVATA