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Settecento miliardi di euro: è la cifra che ogni anno, in Europa, si spende per le malattie croniche più diffuse come fibrillazione atriale, BPCO e diabete. In Italia si calcola che quattro persone su dieci soffrano di una o più patologie croniche, per un totale di 24 milioni di cittadini dei quali 12,5 sono affetti da multicronicità. E la spesa complessiva per questi pazienti è stimata in circa 67miliardi di euro.

Queste le cifre emerse da un webinar organizzato da Motore Sanità, che ha sottolineato anche le previsioni preoccupanti per i prossimi anni. Infatti è stato stimato che nel 2028 in Italia saranno 26 milioni i pazienti cronici, dei quali 14 milioni con multicronicità. E anche la spesa lieviterà a 70,6 miliardi l'anno.

Una delle problematiche generate dalle cronicità è il consumo di risorse umane e professionali. Esempio di questo consumo è il numero di richieste di visite specialistiche:

Il diabete tipo 2 rappresenta il 18,5% delle richieste di visite specialistiche e il 18,2% degli accertamenti diagnostici

Le malattie ischemiche del cuore rappresentano il 10,6% delle richieste di visite specialistiche e il 10,1% degli accertamenti

Lo scompenso cardiaco congestizio assorbe il 4,0% delle richieste di visite specialistiche e il 4,1% per le prescrizioni di accertamenti diagnostici

 I NUMERI DELLA BPCO IN ITALIA    

Secondo l'Istat, in Italia sono affetti da BPCO il 5,6% degli adulti (circa 3,5 milioni di persone) e la BPCO è responsabile del 55% dei decessi per malattie respiratorie (ma il dato è verosimilmente sottostimato). L’impatto della BPCO sul SSN e sulla società è in continuo aumento ed in fase di spiccata accelerazione: infatti, secondo il Global Burden of Diseases (GBD) la BPCO è attualmente la terza causa di morte e la quinta causa di disabilità nel mondo, fenomeni che l’OMS aveva previsto solo per il 2030. Il Programma Nazionale Esiti (PNE) riporta un tasso grezzo di ospedalizzazione per BPCO di circa il 2 per mille, per un totale di 109.674 ricoveri ordinari e 3.394 in day hospital che corrispondono ad oltre un milione di giornate di degenza ospedaliera. Il PNE documenta inoltre che i pazienti ricoverati per BPCO riacutizzata hanno, entro 30 giorni, un tasso di mortalità del 9,8% e nel 13,45% dei casi necessitano di un nuovo ricovero ospedaliero (dati del 2017). "Ecco perché sono necessari interventi urgenti per ridurre l’impatto socio sanitario della BPCO - dichiara Adriano Vaghi, presidente AIPO – ITS,  Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri - Italian Thoracic Societyad -: occorre in primis migliorare le capacità diagnostiche implementando l’impiego della spirometria e delle prove di funzionalità respiratorie in modo da intercettare le forme di BPCO lieve/moderata che sono quelle più ricettive agli interventi terapeutici atti a rallentarne l’evoluzione; promuovere la attivazione di reti clinico-assistenziali tra ospedale e territorio e la collaborazione tra specialisti pneumologi e MMG per consentire un efficace follow up dei pazienti e promuovere la gestione dei pazienti più complessi, a maggior rischio di ricovero ospedaliero, anche con modalità di teleassistenza che possono rivelarsi particolarmente utili nell’attuale panorama sanitario caratterizzata dall’emergenza COVID-19”.  

I danni cardiaci del covid

“La malattia Covid 19 è stata considerata inizialmente come una malattia con interessamento respiratorio - spiega Francesco Romeo, Direttore UOC Cardiologia Policlinico Tor Vergata di Roma .- La comprensione dei meccanismi di azione del virus attraverso i recettori Ace -2 che sono presenti anche nell’apparato cardiovascolare ha posto l’attenzione sulla possibilità di un danno cardiovascolare provocato dal virus SARS- COV 2, in quanto anche l’apparato cardiovascolare è ricco di recettori ACE-2.  Numerosi studi hanno poi riportato un danno cardiaco acuto come un’importante manifestazione del Covid 19. Questo danno è presente dal 7 al 28 % dei pazienti ospedalizzati".

Le principali manifestazioni cardiovascolari sono: il danno cardiaco acuto con elevazione della troponina che si presenta nei pazienti più anziani, con comorbidità e/o fattori di rischio (è associata anche una prognosi peggiore); miocarditi e SCA sono le altre manifestazioni del Covid; aritmie: per quanto riguarda le aritmie sono state riportate nel 17% dei pazienti ospedalizzati e nel 44% dei pazienti con SCA. Sono presenti sia aritmie atriali che ventricolari che BAV. La patogenesi delle aritmie può essere legata sia al danno miocardico e/o ischemico che ad altre cause sistemiche come febbre, sepsi, ipossia e disturbi elettrolitici. D’altra parte, i farmaci utilizzati nel trattamento del Covid, come gli antivirali, gli antibiotici e l'idrossiclorochina possono essi stessi indurre aritmie”.

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