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Uno studio appena pubblicato sul Journal of Neurology da un gruppo di Università Statale di Milano e Ospedale San Paolo dimostra come le difficoltà respiratorie, oltre che all’infezione a livello polmonare, siano riferibili ad una alterazione dei circuiti nervosi deputati al controllo della respirazione.

Nel Covid-19 l’infezione determina un'alterazione degli “scambi” respiratori a livello polmonare, tanto che i polmoni non riescono più a trasportare l’ossigeno al sangue. La ventilazione è quell’insieme di movimenti che porta l’aria nei polmoni dove poi avvengono gli scambi respiratori dei gas tra atmosfera e sangue. La funzione ventilatoria fondamentale per la respirazione è controllata da centri nervosi situati in una parte molto profonda del sistema nervoso centrale, nota come tronco encefalico.  

Fino ad oggi i sintomi respiratori dovuti al Covid-19 erano riferiti all’alterazione degli scambi respiratori per effetto dell’infezione a livello polmonare. Uno studio del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Milano al Polo Universitario Ospedale San Paolo appena pubblicato sul Journal of Neurology richiama l’attenzione sull’impatto del Covid  sui centri nervosi che controllano la respirazione. Lo studio dimostra che nei pazienti affetti da Covid-19 in forma grave, ricoverati in rianimazione e sottoposti a ventilazione meccanica, risultano alterati i circuiti nervosi proprio nel tronco cerebrale dove si trovano anche i centri di controllo della respirazione.  

Tommaso Bocci, che ha coordinato lo studio originato dalla collaborazione di neurologi, rianimatori e patologi del Centro di Ricerca “Aldo Ravelli” dell’Università Statale di Milano, afferma che “sono stati studiati 11 pazienti intubati e confrontati con un gruppo di controllo di pazienti intubati non affetti da Covid-19 ed un gruppo di controllo di soggetti completamente normali. In tutti è stato valutato con una metodica elettromiografica il riflesso glabellare o di ammiccamento (anche detto “blink”). "Il riflesso glabellare - spiega - fa in modo che in condizioni normali uno stimolo cutaneo sul sopracciglio induca in pochissimi millisecondi una chiusura dell’occhio proteggendolo da possibili agenti lesivi. Il circuito di questo riflesso si trova a livello del tronco cerebrale. L’osservazione principale riportata dal nostro studio è che avvalendosi di questa metodica nei pazienti Covid19 il riflesso glabellare era gravemente alterato o assente indicando quindi una grave disfunzione dei circuiti del tronco cerebrale.

Davide Chiumello, uno degli autori dello studio, direttore della Rianimazione dell’Ospedale San Paolo (ASST Santi Paolo e Carlo), aggiunge che “nei primi pazienti Covid- 19 ricoverati in rianimazione avevamo osservato clinicamente alterazioni respiratorie che non erano spiegate solo dalla compromissione degli scambi, ma che potevano originare da alterazioni neurologiche del tronco encefalico. L’osservazione con metodiche neurofisiologiche documenta e conferma l’ipotesi che l’alterazione respiratoria pur essendo in gran parte determinata dalla polmonite è amplificata da effetti della malattia sul tronco encefalico. I risultati delle registrazioni neurofisiologiche riportate nell’articolo aggiungono un pezzo importante per la comprensione dei meccanismi della malattia indotta dal virus Sars-Cov-2”. 

Alberto Priori, direttore della Clinica Neurologica dell’Università Statale presso l’Ospedale San Paolo di Milano, conclude che “stiamo progressivamente convincendoci che la punta dell’iceberg del Covid19 è a livello polmonare, ma si possono anche verificare danni neurologici correlati a questa malattia che in fase acuta vengono mascherati dal quadro polmonare e infettivo. Gli effetti neurologici dell’infezione hanno un decorso diverso nel tempo, forse più prolungato, che stiamo iniziando a studiare solo adesso". 

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