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Dopo la visita del generale Figliuolo, la Giunta Fontana ha annunciato un cambio di passo e un nuovo piano vaccinale anticovid, in linea con le indicazioni nazionali. Per passare dalle parole ai fatti, però, bisogna intervenire in fretta sulle carenze della sanità territoriale rese ancor più evidenti dalla pandemia. Secondo Carlo Borghetti (Pd), vicepresidente del Consiglio regionale e componente della Commissione Sanità, occorre riformare al più presto la legge sanitaria lombarda, la n.23 del 2015, come chiede il Governo. 

Il successo del piano vaccinale, nella regione che ha un terzo dei decessi in Italia, dipenderà dalla capacità di riorganizzare i servizi sul territorio.

Vicepresidente Borghetti, il nuovo programma di vaccinazioni è appena partito e già si parla di uno slittamento a metà aprile per disabili e caregiver. Molti lombardi ultranovantenni invalidi attendono ancora il vaccino. C'è confusione anche per gli over-80: la Moratti annuncia che non serve la prenotazione, Bertolaso dice il contrario. Che succede?       

Sempre più spesso accade che le cose vengano annunciate prima ancora che siano deliberate, ed è uno strano modo di procedere: la prassi corretta vuole che prima si adottino gli atti formali e poi parta la comunicazione alle strutture sanitarie regionali. Altrimenti si rischia che la gente si rechi agli sportelli delle Ats in base alle informazioni apprese dai media mentre gli operatori non ne sanno nulla. Molti annunci, in questi mesi, non sono stati seguìti dai fatti: un caso emblematico è il sistema di prenotazioni di Aria, la società di Regione Lombardia. Era stato annunciato in pompa magna ma si è rivelato un fallimento.

Alla fine, per le prenotazioni è stato necessario l’intervento commissariale di Poste Italiane.

Si sono verificati casi molto spiacevoli, soprattutto perché riguardano persone ultraottantenni: molte sono stati avvertite all’ultimo momento e costrette a recarsi lontano da casa. Del resto, quel sistema di Aria è particolarmente ansiogeno. Al momento della prenotazione non prevede nessuna informazione sulla data e l’ora della vaccinazione: tutto è delegato a un SMS che il più delle volte arriva di notte, magari con la convocazione per l’indomani mattina e in un’altra provincia. L’altro giorno una signora di Milano è stata chiamata a vaccinarsi sul lago d’Iseo! Ora comunque il portale di Poste italiane sta funzionando bene, tanto che la gente si chiede perché non sia stato adottato prima. Fa un po’ sorridere che ci sia voluto l’intervento di un ente dello Stato, quando Regione Lombardia si picca di eccellere anche sullo Stato.     

Ora si riuscirà a cambiare passo?

È il momento di guardare avanti e di fare le cose. La visita del generale Figliuolo, che non è stata solo di cortesia, ha evidenziato alcuni punti chiave: ci sono delle indicazioni nazionali, la Lombardia deve seguirle e marciare più speditamente. La cosa importante è che ora, grazie anche all’apporto dell’Esercito, i centri vaccinali siano stati potenziati, mentre sono in arrivo milioni di dosi: perciò voglio essere ottimista con l’augurio che entro l’estate la popolazione lombarda possa essere vaccinata.

Ci è stato detto che i ritardi erano dovuti alla mancanza di dosi.

In realtà non è del tutto vero: AstraZeneca non è mai mancato, eppure in Lombardia anche la campagna vaccinale degli insegnanti è stata più lenta e tardiva. E questo perché? Il problema di fondo è che la nostra sanità territoriale non è organizzata per rispondere a questa emergenza, e la pandemia lo ha drammaticamente dimostrato.  

Ecco un punto fondamentale, il Governo chiede alla Lombardia di riformare la legge sanitaria regionale, la n.23 del 2015, voluta da Roberto Maroni. A che punto siamo?

L’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, lo scorso dicembre ha chiesto di apportare entro 90 giorni alcuni “cambiamenti obbligatori” alla legge lombarda: ad esempio è necessario istituire i Dipartimenti di Prevenzione e i Distretti socio-sanitari che servono a erogare le prestazioni territoriali prevedendo il coinvolgimento dei sindaci. Si tratta di strutture indispensabili anche nella gestione dell’emergenza pandemica, destinate alle vaccinazioni e al tracciamento dei casi positivi per contenere il contagio, oppure all’assistenza domiciliare degli anziani. Ma la Lombardia è in grave ritardo. In base a quanto annunciato, la Giunta Fontana ai primi di maggio approverà le “linee guida” per la riforma della legge 23/2015, mentre il nuovo progetto di legge arriverà a fine luglio. Dunque, non solo non viene rispettata la scadenza dei 90 giorni, ma i lombardi dovranno anche attendere i tempi dell’assessore al Welfare Letizia Moratti. Io invece ritengo che l’iniziativa legislativa spetti al Consiglio regionale, in particolare alla Commissione Sanità, che ha il dovere di riformare al più presto la legge 23. Questa materia non può essere affrontata solo da una parte politica, ma è necessario l’apporto di tutti.

Perché è importante riformare la legge 23, durante l’emergenza pandemica?

Qualche collega della maggioranza dice che dobbiamo rimandare la riforma perché ora c’è la pandemia, ma io sostengo il contrario: proprio perché c’è la pandemia dobbiamo fare in fretta per sistemare cose che non vanno, a partire dalla sanità territoriale che non funziona. Anche il successo del piano vaccinale dipende da questo. In Lombardia non abbiamo i distretti socio-sanitari ogni 80-100mila abitanti e stiamo scontando questa debolezza nella lotta alla pandemia. Ecco perché non siamo capaci di contenere il contagio, né di curare le persone a casa, mentre le terapie intensive sono occupate al 41% mettendo a rischio le prestazioni dei pazienti cronici e oncologici. Con una buona legge e dei servizi territoriali efficienti, molte cose sarebbero andare diversamente, ed ora bisogna guardare avanti.

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