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Fare presto, accelerare con la campagna vaccinale anticovid: questa sembra essere per ora l'unica luce in fondo al tunnel della pandemia. Le somministrazioni di oltre 1.3 milioni di dosi arrivate nel nostro Paese sono iniziate il 31 dicembre dopo che l’Ema, l’autorità regolatoria europea, ha dato il via libera il 21 dicembre al vaccino Comirnaty di Pfizer-BioNTech. Al 18 gennaio sono state fatte circa 1.1 milioni di vaccinazioni al ritmo di 54mila al giorno. Ma questa settimana ci sarà una frenata generale: l'azienda produttrice ha infatti comunicato che oggi consegnerà all'Italia 165mila dosi in meno rispetto al previsto (-29%). In Lombardia mancheranno all'appello 25.740 dosi.  

La campagna regionale è partita in ritardo, a rilento e tra le polemiche (come quella sui medici vaccinatori non richiamati dalle ferie dall’ex assessore Gallera): il ritmo iniziale è stato di circa 10mila somministrazioni al giorno, poi in questi ultimi giorni la velocità è raddoppiata, nei 65 centri vaccinali autorizzati presso le ASST ospedali, 24 dei quali a Milano. 

La regione, che fino alla scorsa settimana era agli ultimi posti per dosi somministrate ha quindi recuperato: 184.919 le vaccinazioni al 18 gennaio, pari al 78,8% delle dosi ricevute dal Governo. 

Ora però si profila un nuovo rallentamento, questa volta a causa dal mancato invio di oltre 25mila dosi da parte di Pfizer-BioNTech, mentre l'azienda assicura che le consegne torneranno a regime dal 25 gennaio. Va anche detto, più in generale, che i riflettori sono puntati sulle decisioni che l'Ema adotterà il 29 gennaio sul  vaccino britannico di AstraZeneca, alla cui produzione contribuisce la Advent – Irbm di Pomezia. Il farmaco, che ha costi inferiori e non richiede temperature eccessivamente basse per la conservazione, potrebbe essere autorizzato solo per gli under-55.  È invece indicato anche per i più anziani il vaccino della statunitense Moderna, approvato dall'Ema il 6 gennaio: le prime 47mila dosi sono già arrivate in Italia e 1,346 milioni sarebbero garantite entro il primo trimestre.

In Lombardia, quante persone si dovranno vaccinare per uscire dall'incubo del Covid? Finora è stato immunizzato solo l'1,83% dei cittadini lombardi. Per arrivare all'immunità di gregge, calcolando una popolazione di oltre 10 milioni di abitanti, bisognerà arrivare a vaccinare almeno 7-7,5 milioni di persone, ossia il 70-75 per cento. 

Priorità nella campagna agli operatori sanitari e sociosanitari, in base alle indicazioni del ministro della Salute, accanto ai residenti e al personale delle Rsa; quindi sarà la volta degli over 80. Per quanto riguarda la pianificazione, oltre a seguire le linee guida nazionali, ogni Regione è chiamata a compiere uno sforzo organizzativo autonomo, coinvolgendo i Dipartimenti di Prevenzione.

Ma a questo proposito, la Lombardia sembra non avere ancora un piano dettagliato. Ad esempio, quanti medici e infermieri serviranno per completare il programma?  Quanti andranno a casa dei non autosufficienti?

E in particolare, quando saranno vaccinate le persone disabili e le categorie a rischio? A questo proposito, le Famiglie dei disabili lombarde insieme al Coordinamento nazionale famiglie con disabilità hanno inviato una lettera aperta a Letizia Moratti (neoassessora al Welfare) e ad Alessandra Locatelli (Politiche sociali): oltre a evidenziare le carenze attuali, le associazioni chiedono che anche i familiari conviventi, o caregiver, debbano essere “chiaramente identificati tra le categorie prioritarie”.  

Anche l’opposizione regionale denuncia la mancanza di un piano vaccinale dettagliato, in particolare per gli anziani e i più fragili,e chiede alla nuova Giunta regionale formatasi dopo il recente rimpasto, di cambiare passo.

Intanto, i medici di famiglia si sono resi disponibili a fare i vaccinatori su base volontaria: l’accordo è stato siglato nei giorni scorsi con i due sindacati medici Fimmg e Snami e prevede che i dottori di medicina generale vaccinino 2,5 milioni di persone entro ottobre 2021, in base a un programma da mettere a punto nei dettagli.    

Di certo, sul piano anticovid della Lombardia pesa l'eredità del flop della campagna antinfluenzale: a Natale era stato vaccinato contro l’influenza solo il 50% degli anziani, mentre l’indicazione del Governo era di arrivare almeno all’80% del target.

E come non considerare le criticità legate al depotenziamento dei dipartimenti di Prevenzione?
I cinque anni di “sperimentazione della legge n.23 della sanità lombarda – varata nel 2015 da Roberto Maroni – li hanno ulteriormente indeboliti ripartendone le funzioni tra le ATS e alle ASST.

E ora che il Governo, a fine dicembre, ha bocciato la legge della Lombardia è tutto da rifare: alla Regione sono stati dati 120 giorni di tempo per rivedere l’organizzazione sanitaria. Ma il tempo stringe, e chissà se, e fino a quando, i lombardi avranno voglia di attendere.

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